Pillole di saggezza con Stefano Gorreri 

14.08.2021

Cari lettori, ci troviamo in compagnia del datore luci (o light designer) Stefano Gorreri: originario di Parma, vanta di una lunghissima carriera, iniziata negli anni '80, che lo ha portato a specializzarsi nel mondo dell'opera lirica. Qui di seguito le nostre domande:

Federica C.: "Qual è stato il suo approccio al mondo tecnico?"                                                                                                 Stefano G: "Nasce da scuole artistiche sfociate in un corso professionale a Milano, simile a una laurea breve, omnicomprensivo di ingegneria del suono, illuminotecnica, make-up, sartoria e scenografia. Fortuna volle che, appena terminato il triennio, al Teatro Regio di Parma fu indetto un concorso per tecnici luce e superai le selezioni. Trascorsa la stagione lirica, circa metà anno, svolgevo la gavetta da operatore luci nel mondo del live, della danza e del teatro, formandomi così a tutto tondo".

Federica C.: "Al netto della formazione scolastica, quanto le è stata incisiva la gavetta e con quali difficoltà ha dovuto confrontarsi?"                                                                          Stefano G: "Ho vissuto il mondo del teatro sin da adolescente perché mio padre era capomacchinista al Teatro Regio di Parma: ciò ha indirizzato le mie scelte professionali anche se, trovo l'illuminotecnica molto più interessante della scenografia. Appena arrivato, svolgevo il ruolo di tecnico luci prendendo, insieme al gruppo di lavoro, i prodotti del datore luci e montavo i proiettori. Nelle grandi tournée, alle quali ho avuto la fortuna di partecipare, svolgevo lo stesso ruolo in modo molto più organico (carico/scarico dei camion, si stendevano km di prolunghe e cavi, si componevano i gruppi elettrogeni, si attaccavano i proiettori accanto ai tralicci o americane...). Come approccio, nel mondo del live, si eseguiva un progetto sviluppato su carta, senza possibilità di confronto con il datore luci. Invece, nel mondo della lirica, danza e teatro si ha confronto, complice la conoscenza del posto e del materiale a disposizione anche se, il background di allora era ancora minimo. Convinto che il disegno artistico delle luci fosse la mia strada professionale, ero solito sedermi in platea durante gli spettacoli per carpirne i segreti (provenienza delle luci, uso corretto dei filtri...) dei grandi professionisti dell'epoca quali Sergio Rossi, Guido Levi e Gigi Saccomanni. La differenza di approccio è stata fondamentale per prediligere la strada teatrale al live".

Federica C.: "Cosa consiglia a chi ha la curiosità d'intraprendere questo percorso, specie se previene da un background completamente diverso?"                                               Stefano G.: "Suggerirei un percorso simile al mio anche se non sarà semplice perché, al netto della Scala di Milano, scarseggiano i corsi seri. Consiglio sempre di partire dal basso (scaricare i furgoni, montare i proiettori...), partecipare a piccoli festival o stagioni teatrali locali seppur con contratti stagionali o a tempo determinato. È fondamentale comprendere la costruzione di un progetto (parte tecnica) prima di arrivare a progettarlo (parte artistica). È importante osservare il modus operandi dei professionisti senza aver paura di sedersi al loro fianco, porre loro molte domande e leggere il più possibile. Va sempre tenuto a mente che si annida tantissima competenza anche in chi non gode di un nome altisonante. Un mix di curiosità, studio, testardaggine e determinazione sono determinanti per arrivare a firmare un progetto luci."

Federica C.: "La figura del light designer non è riconosciuta in Italia nonostante la sporadica esistenza di corsi nei teatri, nell'accademia delle belle arti e di master universitari. A suo giudizio, come andrebbe strutturata la formazione illuminotecnica?"                                                                                                                                                                          Stefano G.: "Attualmente, la formazione esistente risulta lacunosa e sconnessa con il nostro lavoro. Io e colleghi ci siamo attributi in autonomia il titolo di light designer in quanto non riconosciuto dalle autorità. Ritengo che lo studio dell'illuminotecnica deve seriamente partire dai licei artistici e che le competenze umanistiche, tecniche e scientifiche devono crescere di pari passo. Attualmente, le persone s'imbattono causalmente nel teatro a causa di moduli troppo ristretti o per mancanza di fondi nelle scuole e ciò crea problemi di ricambio generazionale. È necessaria una seria riforma che coinvolga gli aspetti didattici, contrattuali e di riconoscimento della professione, previo confronto con le istituzioni. È evidentemente che manca la volontà politica in tal senso."

Federica C.: "Trova corretto affermare che le figure del backstage non sono né riconosciute né tutelate, proprio perché lavorano e vivono all'ombra dello show, a dispetto del notevole investimento in termini di materiali e continua formazione sulla sicurezza e nuove tecnologie?"                                                                                      Stefano G.: "Mi trova perfettamente concorde: questo binomio ha favorito la proliferazione di contratti inadeguati, se rapportati ai sacrifici che si affrontano. Aggiungo che, molto spesso, i ragazzi non hanno idea delle dinamiche del dietro le quinte e questo non li incentiva ad avvicinarsi al mondo del teatro, perlopiù sconosciuto. Fortunatamente, la pandemia ha portato alla luce le fragilità del settore agli occhi dell'opinione pubblica... Credo che questo sia il momento giusto per restituire dignità alle molteplici figure del backstage, indipendentemente dal contesto in cui lavorano."

Federica C.: "Alla luce della pandemia, come evolverà la figura del tecnico luci e quali differenze ci sono rispetto al passato?"                                                                                                                                                                                          Stefano G.: "L'avvento delle nuove tecnologie ha contaminato fra loro le varie figure, in particolare sono sempre più frequenti gli ibridi fra scenografia, fotografia, video e illuminotecnica. Questa evoluzione è valida per il mondo del live, mentre il mondo teatrale, in particolare l'opera lirica, è più legata a un approccio tradizionale. Rispetto al passato, la figura del tecnico luci si è molto evoluta perché, se prima era un mero esecutore della componente tecnica, negli ultimi decenni è stato sempre più coinvolto nel progetto artistico. Attualmente, la bellezza di uno spettacolo dipende, per un buon 80%, dalla cura posta nelle luci e nella scenografia."

Federica C.: "In base alla sua esperienza nel mondo della lirica, come è stato vissuto il passaggio dalle luci convenzionali alle luci led?"                                                                                                                                                                                              Stefano G.: "A mio parere, la poeticità e l'atmosfera create delle luci convenzionali non potrà mai essere surclassata da una fonte a led, nata per il live; inoltre, le case produttrici di motorizzati non hanno ancora completamente superato la carenza di conversioni, utilizzatissime nel mondo della lirica, e la disponibilità cromatica, decisamente più esigua se confrontata ai filtri colore per i convenzionali. D'altro canto, c'è chi ha ben visto l'ingresso dei motorizzati nel teatro perché, la presenza di più canali in ogni macchina, facilitava e snelliva il montaggio."

Federica C.: "Dal suo punto di vista, il virtual set decreterà l'estinzione di figure tradizionali legate al mondo del teatro?"    Stefano G.: "Sebbene le videoproiezioni o altre diavolerie artistiche offrano delle esperienze visive interessanti, credo che troveranno la loro massima espressione nel mondo dei videoclip e del cinema. Tutto ciò che è materico, nel mondo della lirica, del teatro e della danza piace perché donano insostituibili emozioni e calore alla scena. Può starci un'opera completamente virtuale su un'intera stagione classica per proporre qualcosa di diverso, ma la manualità è indispensabile in qualsiasi tipo di evoluzione artistica e scenotecnica. Esiste una produzione scenografica, completamente artigianale, del Rigoletto presso il Teatro Regio di Parma, risalente al 1987: è stata trampolino di lancio per grandi interpreti della lirica e ancora oggi, continua a essere la più noleggiata al mondo nonostante rifacimenti postumi interamente o parzialmente virtual. L'artigianalità merita assoluto rispetto."

Federica C.: "C'è un'esperienza, il cui ricordo, le crea emozione?"                                                Stefano G.: "In 35 anni di professione ricordo con emozione l'assistenza alle luci, nel 1987, nel corso delle date italiane del tour dei Pink Floyd. Premetto di aver lavorato con delle persone straordinarie, dalle quali ho appreso moltissimo. Ricordo con grande affetto anche la prima opera lirica, la Traviata, firmata da datore luci nel 2002 che vide una decina di repliche per una produzione media: l'emozione è legata all'aver tirato fuori la mia sensibilità creativa, andando oltre la semplice replica dei disegni altrui. Con mio grande onore, l'esperienza che mi ha consacrato come light designer, consentendomi di girare per il mondo, risale al 2008 quando l'artista Botero contattò la Nausica Opera International comunicando che aveva i bozzetti pronti per l'opera lirica Elisir D'Amore e fui contattato per firmare le luci, decisamente policrome. Lo spettacolo è tutt'ora molto richiesto in tutto il mondo."

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